a cura di Stefano Marconcini, Maurizio Ercolani e Catalano Antonio Adriano.
HILDEGARD E. PEPLAU
Differentemente da altre teoriche, che si soffermano molto sulla fase iniziale di osservazione e di raccolta dati, elemento in cui fortemente ci viene in aiuto l’informatizzazione per la raccolta ordinata e l’elaborazione dei dati, la Peplau sviluppa una delle prime vere teorie del Nursing, lei stessa la definisce come “una struttura concettuale di riferimento” (schema concettuale di riferimento). La sua teoria ha una struttura concettuale che scaturisce da un lungo periodo di osservazione metodica e dalla cognizione che i fenomeni di interazione possiedono un notevole significato di tipo qualitativo-terapeutico per i risultati ottenuti. Tale riflessione implica la necessità da parte dell’infermiere di sviluppare conoscenze opportune. Ciò sposta la riflessione iniziale da “cosa sia l’assistenza infermieristica” verso “cosa sanno gli infermieri”. L’elaborazione del modello teorico è strutturato servendosi delle scienze sociali, dalla psicologia e dalla psichiatria, utilizzando tutti quei concetti che possono servire all’infermiere per risolvere i problemi incontrati quotidianamente ponendosi in relazione con la persona assistita. «Lo scopo dell’interazione che gli infermieri hanno con i loro assistiti è di erogare prestazioni infermieristiche che contribuiscano al miglioramento della salute e del benessere della persona.
Per ottenere questo risultato devono avere una notevole conoscenza dei problemi che le persone possono presentare e vivere nelle specifiche situazioni. Tali problemi possono essere di natura biologica, ma anche di natura psicosociale e ciò richiede agli infermieri una vasta gamma di conoscenze da applicare nel proprio lavoro, che li renda capaci di osservare e capire la natura dei problemi che i pazienti di volta in volta presentano». Nel lavoro si denota una chiara impostazione psicologica. Anche la strutturazione degli argomenti all’interno del testo rivela che Peplau parte dalla puntuale spiegazione di concetti psicologici e li relaziona poi all’assistenza infermieristica. I concetti elaborati da Sullivan, Symonds, Maslow, Murray (ma anche di altri psicologi come Horney, Fromm e lo stesso Freud) sono alcune delle fonti principali delle quali l’autrice si è servita per sviluppare quella che lei stessa definisce una “struttura concettuale” per l’assistenza infermieristica. Ma sono soprattutto le teorie di Sullivan il punto di riferimento di Peplau che riprende da questo psichiatra i concetti di “ansietà” e di “rapporto interpersonale”. La Peplau da questi presupposti propone il suo modello teorico con il nome di Nursing psicodinamico: “l’essere in grado di capire il comportamento reciproco, di aiutare gli altri a identificare le difficoltà avvertite e di applicare i principi che regolano i rapporti umani ai problemi che emergono a tutti i livelli dell’esperienza”.
I due principi guida su cui si fonda l’elaborazione teorica sono:
Il secondo principio è la diretta conseguenza del primo; perché proprio grazie al rapporto interpersonale l’infermiere è in grado di aiutare l’assistito portare a termine percorsi di crescita non completati durante l’infanzia e l’adolescenza. Instaurando un rapporto idoneo a far crescere, in seno alla società, un individuo, una persona attiva, che potrà, a sua volta, contribuire all’evoluzione della società medesima; obiettivo ultimo dell’intervento infermieristico. Peplau trasporta i concetti strutturali del processo interpersonale (le fasi del rapporto infermiere-assistito) collocandoli in un continuum nel quale i soggetti si muovono insieme, definendo poi il ruolo che l’infermiere assume all’interno di quella relazione. Gli obiettivi personali della persona assistita sono gli stessi perseguiti professionalmente dall’infermiere ed entrambi concorrono alla soluzione del problema presentato.
La Peplau distingue 4 fasi del rapporto infermiere/assistito riconoscibili in qualsiasi relazione d’aiuto. Ogni fase è caratterizzata dall’assunzione di diversi ruoli da parte dell’infermiere, mentre entrambi imparano a conoscersi ed ad agire collaborativamente per poter affrontare e risolvere le difficoltà che si presentano.
1. ORIENTAMENTO: rappresenta la fase del primo incontro, il riconoscimento reciproco dei ruoli, l’ascolto e la decodifica della domanda portata, dell’accettazione (da parte di entrambi) di costruire una relazione assistenziale di aiuto. Potremmo definire questa fase come “definizione della relazione”. In questa fase occorre che l’infermiere tenga un atteggiamento di apertura e disponibilità, una consapevolezza sul contesto in cui si svilupperà la sua relazione. Si possono individuare una serie di dati di contesto che è importante osservare per valutare come sarà possibile portare avanti la relazione:
- tipo di servizio, risorse e vincoli, finalità, rete sociale;
- ruolo dell’infermiere, degli altri membri dell’equipe e delle relazioni tra loro;
- la persona assistita (dati già in possesso, sia rispetto alla sua storia personale che ai problemi della sua malattia, motivi attuali dell’incontro tra servizio e utente, e tra Infermiere e utente);
- il contesto socio-familiare dell’utente (caregiver, famiglia, con i loro bisogni e le loro risorse);
- conoscenze teorico/pratiche che possono aiutare l’infermiere nel caso specifico;
La definizione della relazione è importante anche per sollecitare la partecipazione attiva e la condivisione dell’assistito alla cura, cosa che non va mai dimenticata neanche di fronte ai casi più gravi.
2. IDENTIFICAZIONE: In questa fase va collocato il lavoro di osservazione e di ascolto che si fa all’inizio di una relazione di aiuto per comprendere la soggettività, i bisogni, ed il tipo di distanza terapeutica che può tollerare la persona assistita.
Per osservare e capire, l’infermiere deve:
In questa fase l’assistito risponde in modo selettivo nei confronti delle persone che possono aiutarlo, lui stesso inizia a decidere a quale infermiere “affidarsi”; si entra quindi in una fase di relazione fiduciaria vera e propria. La risposta della persona assistita può essere di triplice natura:
3. UTILIZZAZIONE : in questa fase possiamo includere tutto lo sviluppo degli interventi e delle relazioni assistenziali. Il processo relazionale si sviluppa attraverso una complessa articolazione di analisi ed interazioni:
- gli interventi dei singoli operatori, secondo le indicazioni prestabilite dei progetti assistenziali e di cura;
- il continuo monitoraggio della relazione, con l’infermiere che lo segue;
- il confronto con le diversità relazionali dei vari operatori componenti l’equipe.
E’ evidente che la distinzione di queste tre prime fasi non è delimitata in modo marcato. Le fasi si pongono in un continuum, temporalmente indeterminato, stabilito dall’evolversi (o dal retrocedere) della relazione d’aiuto. Definire la relazione è il compito di ogni infermiere, considerando la relazione lo strumento principale per attuare l’assistenza, sempre rispettando la volontà dell’assistito.Durante questa fase l’infermiere e la persona assistita possono individuare nuovi obiettivi o definire meglio la domanda assistenziale primaria. Procedendo nel percorso di crescita, la persona acquisisce una maggiore percezione dei suoi bisogni diventando sempre più parte attiva del suo percorso assistenziale, come l’infermiere diviene più legato nella relazione e più competente sui bisogni e sulle necessità relazionali espresse.Entrambi ottengono vantaggio dal rapporto terapeutico, che va mantenuto, promuovendo atteggiamenti di accettazione, comprensione e stimolando la fiducia. L’infermiere deve creare un’setting terapeutico, nel quale poter identificare e analizzare pensieri, sentimenti e comportamenti propri e dell’assistito.
4. RISOLUZIONE: E’ la fase in cui il rapporto terapeutico si conclude, la persona si libera dall’identificazione con l’infermiere. La malattia viene integrata come esperienza di vita. In questa fase la Peplau descrive l’importanza dell’autonomia riacquistata dalla persona assistita con un graduale accompagnamento, da parte dell’infermiere, durante fase del distacco dal servizio.
Saper chiudere una relazione di crescita così intimamente strutturate non è facile e non va sottovalutata. Questa fase deve essere sempre presente nella mente dell’infermiere, fin dall’inizio di una presa in carico, onde evitare lo strutturarsi di relazioni croniche, senza tempo, o peggio di situazioni di abbandono per la repentina scomparsa di figure ormai importanti per l’assistito. Questa consapevolezza va, quando opportuno, trasmessa alla persona assistita. Prendendo a riferimento ad un vecchio detto: “la terapia deve avere un fine e una fine”. Questo va maggiormente tenuto in considerazione se i tempi di assistenza sono molto lunghi, o se la persona assistita manca di riferimenti “emotivi” esterni alla realtà assistenziale e terapeutica.
Poiché i pazienti proiettano sugli infermieri dei ruoli necessari per affrontare il problema, Peplau distingue 6 ruoli che l’infermiere viene ad assumere durante il rapporto interpersonale:
Hildegarde Peplau e il metaparadigma del Nursing
- Rapporto umano fra un individuo, che manifesta un bisogno e un infermiere istruito per riconoscere e rispondere al bisogno;
- Serie di passi in sequenza che scandiscono le interazioni terapeutiche;
- L’infermiere deve essere in grado di promuovere lo sviluppo delle capacità della persona assistita, in modo che egli sappia trasformare l’esperienza della malattia in una crescita della personalità. In questo rapporto comunque giocano il vissuto di entrambi.
La pianificazione informatizzata dell’assistenza con il Nursing Psicodinamico
Nella pianificazione dell’assistenza informatizzata bisogna tenere presente le 4 fasi del rapporto ed interpretare il processo di assistenza individualizzato in considerazione delle stesse. Ricordando che le prime tre si evolvono in un continuum temporale.
Orientamento: questa fase inizia con l’accoglienza, dove si deve instaurare un rapporto di fiducia con la persona assistita. L’Infermiere deve cercare di instaurare un rapporto empatico durante la fase di accertamento, al fine di facilitarne l’individuazione dei bisogni, dei risultati la definizione della diagnosi Infermieristica e dei risultati. In questa fase è importante lo studio della storia dell’assistito, che attraverso l’interazione, dovrebbe portare a determinare un’alleanza con lo stesso, al fine di ridurre l’ansia del ricovero e fiducia nella struttura/servizio. In questa fase inizia, ma non si conclude, la raccolta dei dati. Lo strumento principale, oltre alla presenza, è l’ascolto attivo. Inizia a strutturarsi un profilo della persona assistita, si iniziano a dare risposte ai bisogni più elementari, costruendo diagnosi semplici, a cui facilmente possiamo dare risposte efficaci in tempi brevi, che ci serviranno per farci conoscere e per costruire nella persona assistita la fiducia verso di noi.
Identificazione: in questa fase, pur continuando la raccolta dati, avviene una pianificazione del processo assistenziale su esiti più difficili da raggiungere e su tempi più lunghi. In relazione allo stato del assistito, sia fisico che psichico, si stabiliscono gli interventi da effettuare al fine di raggiungere uno stato di indipendenza. Diventa fondamentale l’analisi e la consapevolezza dei sentimenti e delle sensazioni per poter stabilire un interscambio positivo Infermiere/assistito. In questa fase viene individuato l’infermiere di riferimento (Primary Nursing) che seguirà prevalentemente l’assistito nel suo percorso. Dal punto di vista informatico andiamo ad integrare la raccolta dati della prima fase (fatti) con elementi più profondi (sentimenti) qui si può iniziare a parlare di Nursing Narrativo.
Uilizzazione: in questa fase avviene l’attuazione del progetto infermieristico personalizzato. In questa fase la persona assistita trae vantaggio dal rapporto che si instaura con l’Infermiere. Il rapporto deve essere basato sulla comprensione, sulla fiducia e sull’accettazione. E’ importante che l’Infermiere accetti l’altro e non si lasci trasportare da preconcetti, simpatie o dalla propria esperienza passata, altrimenti difficilmente si instaura un rapporto terapeutico. Il rapporto interpersonale oramai è basato sulla fiducia reciproca. La trasmissione dei dati non riguarda più solo i fatti emergenti, ma si approfondisce ai sentimenti riferiti dall’assistito e provati dall’infermiere. Il rapporto empatico porta ad arricchire quotidianamente le informazioni sulle necessità, i sogni, le volontà della persona assistita, che diventa ogni giorno più protagonista delle proprie scelte e del proprio percorso. Gli esiti sono relativi all’autonomia nel fare, nell’essere, nel sentirsi, nel volere.
Risoluzione: Secondo la Peplau avviene il distacco della persona dall’identificazione con l’Infermiere. E’ il momento in cui bisogna valutare l’esito del processo infermieristico individualizzato. Abbiamo raggiunto gli obiettivi prefissati? La persona assistita ha cambiato il suo comportamento? L’Infermiere ha saputo educare, è entrato in sintonia con l’assistito? Queste sono le domande che dobbiamo farci ogni volta che l’utente e arrivato al traguardo del processo assistenziale. Il momento della risoluzione è il momento dei conti; da una parte avremo una lettera di dimissione infermieristica in cui illustreremo il percorso di crescita che ha interessato la persona assistita, dall’altro lato avremo l’arricchimento avuto dagli infermieri e dall’equipe in seguito all’aver assistito quella persona specifica.
Sicuramente il modello teorico di riferimento ideale per la gestione di persone affette da disagio psichico, patologie cronico degenerative, con handicapp gravi, in fase di riabilitazione o seguiti per molto tempo, anche a domicilio; ma adattabile anche in altri contesti operativi. La ricerca infermieristica può in questo caso essere impiegata per identificare nuovi protocolli o linee guida per la gestione della persona affetta da un disagio caratterizzato da una forte tensione/ansietà di adattarsi a nuove condizioni di autonomia . Anche in questo caso l’informatizzazione semplificherebbe il processo e favorirebbe la ricerca infermieristica e la rilevazione di dati molto importanti per migliorare la pratica. A parere degli scriventi questo modello è molto utile per prevenire la sindrome del burn out, in quanto “il crescere insieme alla persona con disagio” permette di vivere il processo assistenziale e la relazione con le persone in stato di necessità in un ottica positiva, e non negativa, dove diventa importante rafforzare il concetto di crescita e di maturazione professionale dell’operatore insieme all’assistito.
Bibliografia:
Manzoni E., Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica, Masson, Milano 2008.
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