Si comincia a parlare della «sindrome di burn-out» nella prima metà degli anni 70, negli Stati Uniti, per identificare una patologia professionale che veniva osservata sempre più frequentemente tra gli operatori sociali, caratterizzata da un rapido decadimento delle risorse psicofisiche e un altrettanto rapido peggioramento delle prestazioni professionali. Gli operatori afflitti da tale patologia appaiono completamente “bruciati”, “fusi”, “cortocircuitati”, ovvero oltremodo sfiniti, esauriti “a tutto campo”. Il termine «burn-out» deriva dal gergo sportivo: negli anni Trenta veniva utilizzato per indicare la condizione di quegli atleti che, dopo un periodo di successi, improvvisamente vanno in crisi e non riescono a dare più nulla dal punto di vista agonistico. Analogamente, gli operatori sociali in burn-out non riescono a dare più nulla dal punto di vista relazionale. Sono molti i professionisti degli ambienti socio/sanitari a rischio di burn-out, ma quelli più “esposti” sembrano essere: operatori di comunità; educatori; insegnanti; riabilitatori psichiatrici; assistenti sociali, infermieri. Si tratta di professioni basate sulla “relazione d’aiuto” tra operatore e utenti “disagiati”. Professioni nelle quali le responsabilità morali dell’operatore, lo stress a cui è sottoposto e il suo coinvolgimento emotivo sono elevatissimi. Proprio tali condizioni di lavoro, se non sussistono le adeguate misure di prevenzione, portano inevitabilmente alla “fusione”, al breakdown dell’operatore. Una delle modalità per prevenire lo stress lavorativo è il Benessere Organizzativo. Difatti, nel corso degli ultimi anni è aumentata la consapevolezza circa la rilevanza che la  “salute organizzativa” (il benessere psicologico e sociale degli attori entro l’organizzazione) possiede nell’alimentare un circolo virtuoso per le persone e per le organizzazioni stesse in  termini di efficacia, produttività ecc. Possiamo immaginare il clima organizzativo come un  insieme dato da una serie di fattori la cui conoscenza dello stato permette di prevedere, ad esempio, la maggiore incidenza di conflitti e litigi tra le persone, così come la presenza di collaborazione e di rapporti di reciproca fiducia.

Caratteristiche del Burn out

Il Burn out colpisce prevalentemente le Helping Profession, cioè quelle professioni che hanno finalità di aiutare, e che hanno per oggetto di lavoro altre persone, in modo particolare che vivono uno stato di disagio o di malessere.

  • Vengono colpiti soprattutto:
  • Lavoratori del sociale (assistenti sociali, educatori, volontari, ecc);
  • Insegnanti;
  • Operatori sanitari.

Caratteristiche dell’operatore a rischio di Burn Out:

  • Debole
  • Remissivo
  • Incerto, insicuro
  • Difficoltà nel controllo dei propri impulsi ostili
  • Impaziente, intollerante
  • Scarsa autostima
  • Orientato a individuare nel lavoro  la sola fonte di gratificazione

LE QUATTRO FASI DELLA SINDROME:

La sindrome del burn-out è dunque il risultato di un processo nel quale lo stato di tensione emozionale cronico si trasforma in un meccanismo di difesa e in una strategia di risposta a questa tensione, con conseguenti comportamenti di distacco emozionale e di esitamento, accompagnati da alcuni sintomi quali l’apatia, la perdita di entusiasmo, il senso di frustrazione. In particolare, la sindrome può essere descritta come un processo in quattro fasi:

  1. Entusiasmo idealistico: questa prima fase è caratterizzata dalle motivazioni che hanno indotto gli operatori a scegliere un lavoro di tipo assistenziale, si distinguono in motivazioni consapevoli (migliorare il mondo e se stessi, sicurezza di impiego, svolgere un lavoro meno manuale e di maggiore prestigio) e motivazioni inconsce (desiderio di approfondire la conoscenza di sè e di esercitare una forma di potere o di controllo sugli altri). Tali motivazioni sono spesso accompagnate da aspettative di “onnipotenza”, di soluzioni semplici, di successo generalizzato e immediato, di apprezzamento, di miglioramento del proprio status.
  2. Stagnazione: nella seconda fase l’operatore continua a lavorare, ma si accorge che il lavoro non soddisfa del tutto i suoi bisogni. Di solito le prime avvisaglie della stagnazione derivano dalla scoperta che i risultati dell’impegno sono impalpabili, incerti e aleatori. Il lavoratore rischia di passare da una situazione di superinvestimento iniziale ad una di graduale disimpegno, sino ad un disinvestimento totale, dove il sentimento di profonda delusione determina una chiusura verso l’ambiente di lavoro e i colleghi. Oppure egli può scegliere di fuggire alla ricerca di altre situazioni che dovrebbero consentirgli la realizzazione delle sue aspettative.
  3. Frustrazione: è la fase più critica del burn-out. Il pensiero dominante dell’operatore è di non essere più in grado di aiutare alcuno, con profonda sensazione di inutilità  e di non rispondenza del servizio ai reali bisogni dell’utenza. Come fattori di frustrazione aggiuntivi intervengono inoltre lo scarso apprezzamento sia da parte dei superiori che da parte degli utenti, nonchè la convinzione da una inadeguata formazione per il tipo di lavoro svolto. Il soggetto frustrato può assumere atteggiamenti aggressivi (verso sè stesso o verso gli altri) e spesso mette in atto comportamenti di fuga (quali allontanamenti ingiustificati dal reparto, pause prolungate, frequenti assenze per malattia).
  4. Apatia: il graduale disimpegno emozionale conseguente alla frustrazione, con passaggio dall’empatia all’apatia, costituisce la quarta fase, durante la quale spesso si assiste a una vera e propria morte professionale. Ideali e potenziale personale, realizzazione sul lavoro, autostima, subiscono un arresto.

La sindrome del Burn out si può suddividere in 3 stadi:

  1. L’ OPERATORE AVVERTE LO SQUILIBRIO TRA RICHIESTE E RISORSE DISPONIBILI, TRA I FINI CHE SI PONE ED  I MEZZI  PROPRI  DELLA ORGANIZZAZIONE
  2. L’OPERATORE AVVERTE STANCHEZZA,  FATICA , FACILE IRRITABILITA’, DEMOTIVAZIONE, TENDE A SPOSTARE I PROPRI OBIETTIVI PERSONALI PIU’ VERSO LA STRUTTURA CHE VERSO GLI UTENTI
  3. L’OPERATORE SVILUPPA ATTEGGIAMENTI DI RIGIDITA’, CINISMO,DISTACCO EMOTIVO E TENDE A TRATTARE GLI UTENTI IN MODO  MECCANICO E IMPERSONALE

I SEGNI SUGLI ALTRI:

  •   LAVORA A CATENA DI MONTAGGIO
  •   TRATTA GLI UTENTI COME OGGETTI
  •   PRESTA MENO ATTENZIONE AI BISOGNI UMANI
  •   INSENSIBILITA’ VERSO I SENTIMENTI ALTRUI
  •   EFFETTUA COMMENTI CINICI E CRUDELI SUGLI UTENTI
  •   DIMENTICA APPUNTAMENTI E IMPEGNI
  •   FACILMENTE IRRITABILE E POCO EMPATICO
  •   SENSO DI FASTIDIO E RIPETITIVITA’
  •   CONSIDERA GLI UTENTI RUMOROSI,MALEDUCATI, IGNORANTI, NOIOSI,SOPORIFERI E IRRITANTI
  •   ASSENTEISMO, ABBANDONO DEL POSTO DI LAVORO

IN FAMIGLIA

  • AUMENTA LA LITIGIOSITA’
  • IRRITABILE E IMPAZIENTE
  • MENO DISPOSTO A DARE AGLI ALTRI
  • RIFIUTO A PARLARE DEL LAVORO
  • RIFIUTO DEL CONTATTO
  • RIFIUTO AD ASCOLTARE

Strategia di cura e prevenzione

Burn out: come si può curare?

Identificazione dei soggetti colpiti o a rischio (questionario della Maslach):

  • Strategia individuali: Psicoterapia, tecniche di rilassamento e a secondo del livello terapia farmacologica;
  • Strategie organizzative: formazioni di equipe e sviluppo di queste sotto controllo psicologico;
  • Nei casi più gravi cambio del lavoro o di organizzazione/reparto/contesto (cambio della mansione).

Alcuni autori individuano dei pilastri della terapia:

  1. Il movimento (una moderata attività motoria all’aria aperta permette di alleviare uno stato depressivo e di riacquisire una positiva e soddisfacente autostima)
  2. Il rilassamento (il comportamento consapevole con noi stessi e con le cose che ci circondano e il rilassamento mirato devono essere parte integrante di un percorso terapeutico complessivo e rappresentano una profilassi contro le ricadute)
  3. L’autocoscienza (la consultazione di uno psicoterapeuta, allo scopo di accrescere una maggior consapevolezza di sé, è fondamentale nella terapia di chi soffre di burn out ma diviene significativo allargare il focus anche al contesto familiare e soprattutto a quello lavorativo, poiché non dobbiamo dimenticare che tale sindrome di esaurimento è direttamente legata alla situazione lavorativa)
  4. I farmaci, quali benzodiazepine, tranquillanti, sonniferi e antidepressivi (durante la fase acuta i farmaci possono rappresentare un vero e proprio salvavita  costituiscono il punto di partenza da cui attingere gli stimoli per affrontare il percorso citato nei tre punti precedenti, sempre sotto controllo del Medico specialista)

 

IL JOB COACH

In questi ultimi anni per curare e prevenire il Burn out si è sviluppata la figura del Job coach. ll ruolo del coach non è quello di dirti cosa devi fare, anzi l’impostazione è quella di un metodo collaborativo per esplorare le opzioni più opportune e assisterti nello sviluppare approcci e strategie appropriati che possano aiutarti nel realizzare i cambiamenti teorici e comportamentali necessari per raggiungere i tuoi obiettivi.

 

IN UNA SITUAZIONE DI BURNOUT IL COACHING HA ALCUNI OBIETTIVI NATURALI:

  • favorire l’opportunità per l’utente di autodiagnosticare il livello di gravità del proprio burn out
  • cercare altri metodi per avviare il processo di riacquisizione della forza vitale
  • cercare i fattori più influenti che hanno aggravato il processo di burn out
  • trovare strategie utili all’utente per gestire tali fattori o eliminarli
  • assistere la persona nel trovare soluzioni ad un livello più alto di quello in cui il problema si è generato
  • sfruttare la situazione per rinforzare l’auto-consapevolezza, il grado di riflessione, i contatti con i valori, gli obiettivi esistenziali e l’identità del soggetto in coaching.

NEL PREVENIRE IL BURNOUT IL COACHING PUO’ ESSERE UTILE PER FOCALIZZARSI SU SPECIFICI OBIETTIVI QUALI:

  • esaminare la situazione
  • individuare i fattori di stress in atto o potenziali
  • aiutare l’utente a sviluppare strategie preventive rispetto ai fattori di stress più significativi
  • aiutare  l’utente ad individuare la via migliore per sviluppare le opportune capacità per confrontarsi con le esigenze del lavoro
  • aiutare  l’utente a discernere le aree di influenza e al di fuori di esse porsi  obiettivi appropriati
  • consentire  l’utente di espandere la propria area di influenza
  • supportare  l’utente nell’individuare i modi per equilibrare il lavoro con la vita privata.

Prevenzione

  1. Prevenzione primaria
  • Formazione sullo stress lavorativo durante i percorsi di studio professionale e corsi di formazione programmati sul posto di lavoro;
  • Metodo lavorativo con pianificazione e gratificazione per gli obbiettivi raggiunti;
  • Corretto utilizzo dell’empatia;
  • Atteggiamento altamente professionale evitando di familiarizzare con l’utente.
  1. Prevenzione secondaria:
  • Utilizzo di un metodo lavorativo per equipe che fornisce spazio di appartenenza,  di confronto, di supporto emotivo di controllo che funziona da stabilizzatore.
  • Per i reparti più a rischio rotazione ogni 3/5/7 anni.

 

Strumenti per valutare il Burn out

Uno degli strumenti  maggiormente utilizzati per testare il livello del Burn out è il questionario di Christina Maslach psicologa americana.

Il MBI è composto da 22 item che misurano 3 dimensioni indipendenti della sindrome di burnout, ciascuna individuata da una specifica scala. La frequenza con cui il soggetto sottoposto al test prova le sensazioni relative a ciascuna scala è accertata usando una modalità di risposta a 6 punti, i cui estremi sono definiti da “mai” ed “ogni giorno”. Inoltre il MBI concepisce il burn out non come una variabile dicotomica che può essere soltanto presente o assente, ma piuttosto come una variabile continua che rispecchia i diversi livelli dei sentimenti in gioco.

Le scale che costituiscono il MBI sono:

  1. Esaurimento emotivo, che esamina la sensazione di essere inaridito emotivamente ed esaurito dal proprio lavoro;
  2. Depersonalizzazione, che misura una risposta fredda ed impersonale nei confronti degli utenti del proprio servizio;
  3. Realizzazione personale, che valuta la sensazione relativa alla propria competenza e al proprio desiderio di successo nel lavorare con gli altri.

Il questionario è stato elaborato in due versioni:

  • La prima forma (Servizi Socio-Sanitari) è destinata al personale di servizi sanitari, sociali, di salute mentale, ecc.
  • La seconda (Servizi Socio-Educativi) è dedicata al personale insegnante, visto che questo è soggetto a forti pressioni da parte della società non solo per educare i giovani culturalmente e professionalmente con l’incoraggiamento dello sviluppo etico e morale e andando incontro ai bisogni individuali di ciascun studente, ma anche per cercare di affrontare i problemi quali il rischio di tossicodipendenza e alcolismo.

E’ stato elaborato  un evoluzione del questionario della Maslach l’Organizational Checkup System (OCS) di Michael Leiter e Christina Maslach, un test costituito da 68 item che, oltre ad indagare le cause del burnout quale obiettivo del precedente MBI, cerca di individuare le strategie lavorative più adeguate per il soggetto, affinché egli possa evitare e superare le cause stressogene che conducono al burnout. È un metodo per rilevare in quali reparti le persone hanno un buon livello di impegno e stanno lavorando bene, in quali sono in burnout e stanno lavorando male e gli aspetti organizzativi cui bisogna dedicare maggior attenzione.  L’OCS prevede un setting per la costruzione di un progetto riorganizzativo al fine di determinare benessere organizzativo dove è presente insoddisfazione, mancanza di gratificazione e stress.

Equipe srl mette a disposizione il questionario per testare il livello di Burn out info:

 

Bibliografia

Maslach, C., (1994), Maslach Burnout Inventory, Organizzazioni speciali, Firenze

 

Stefano Marconcini

Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche.

Docente a corsi di formazione ecm sul Burn Out.


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